Lo scorso 22
gennaio, presso il Centro Infanzia nel quale lavoro, abbiamo avuto la visita
del neuropsichiatra infantile Franco Pajno Ferrara, che da 35 anni esercita la
sua professione, insegnando inoltre da vent’anni presso l’Università degli
Studi di Verona.
Personalmente
ero molto incuriosita di ascoltarlo parlare e raccontarci quanto di illuminante
potesse trasmetterci sul tema della serata ovvero “l’affermazione dell’identità
sessuale nel bambino”. Uso il termine “raccontare” non tanto per sminuire
quanto avesse da dirci, quanto piuttosto per l’approccio che si riscontra dalla
lettura dei suoi libri: dopo aver letto infatti “Per Fare un Albero ci Vuole un
Fiore”, ho subito apprezzato
l’immediatezza del linguaggio, la voglia di avvicinarsi al lettore riportando
casi specifici che chiarificassero gli argomenti trattati e l’utilizzo di un
linguaggio comprensibile a chiunque.
L’introduzione
che il professor Pajno fa, conferma quanto appena detto ovvero: “Lo scopo è
quello di rendere comprensibile ad educatori e genitori il mio messaggio”.
Dopo tale
affermazione preliminare entra nel vivo del tema sostenendo che la differenziazione
sessuale può avere molteplici sfaccettature: da un lato si può essere femmine
con alcune caratteristiche maschili, dall’altro si può essere maschi con
caratteristiche femminili ecc… ognuno di noi è come un mosaico creato a seconda
delle esperienze che viviamo. Tuttavia ciò che ci accomuna è che per il primo
anno di vita circa la nostra identità sessuale è femmina, questo perché la persona
con la quale ci relazioniamo maggiormente in questo periodo della vita è la
madre, è come se essa fosse un “polo” ovvero rappresenta sia oggetto da amare
che oggetto di identificazione. Il papà entra in questa relazione in un secondo
momento. Quest’ultima frase potrebbe sembrar sminuire il ruolo invece
fondamentale del padre, ciò che si intende dire infatti è che la madre, già
durante la gravidanza instaura con il proprio bambino una relazione primaria, il
padre, al contrario conosce il proprio bambino solo grazie ad un “veicolo”
intermedio (la madre), quindi per lui non è semplice creare una relazione con
qualcuno con cui fatica ad entrare in contatto diretto. C’è un ulteriore
aspetto da considerare, ovvero il padre deve scontrarsi con una realtà che lo
pone, dopo la nascita del bambino, in secondo piano rispetto alle attenzioni
della mamma. Bisogno pensare a tal proposito che la maggior parte delle
separazioni avviene proprio entro il compimento del primo anno di vita del
bambino proprio perché da un lato i padri si sentono messi da parte, dall’altro
lato le madri sono totalmente concentrate
sul bambino.
È necessario
che dopo la nascita il padre sia in grado di sostenere la propria compagna, che
la aiuti a superare quella depressione post partum dovuta al non essere più in
“stato interessante” perché ora tutto è concentrato sul bambino. Oggi si
pretende che la mamma impari ad essere tale nei tr giorni dopo il parto
trascorsi in ospedale, dopo si trova a dover gestire una nuova situazione sicuramente
non facile: il bambino per esprimere le proprie esigenze piange, quindi gli si
da da mangiare, lo si cambia… e poi? Cosa fare? E qui cominciano le paure, e il
padre, col suo abbraccio garantisce alla mamma tranquillità e serenità,
proteggendo così a diade inscindibile madre-bambino (scusate se è poco!).
La mamma
inizialmente cerca di rispondere alle esigenze del bambino procedendo per prove ed errori, ci sarà poi un momento in
cui ne comprenderà il senso, ciò avviene quando tramite le sue suggestioni crea
l’apparecchio mentale del bambino. Cosa
significa ciò? Vuol dire che la mamma risponde ad un bisogno specifico in modo
a-specifico (ovvero per tentativi) e man mano crea la capacità del bambino di
rendere comprensibile la propria richiesta. Un esempio: a 20/25 giorni di vita
il bambino quando ha fame si succhia la lingua, ciò significa che ha creato un
simbolo, ovvero ripete sensorialmente quell’esperienza che lo ha fatto stare
bene cioè mangiare! SODDISFA CON LA PSICHE UN BISOGNO DEL SOMA.
Quindi il
ruolo di mamma e papà sono diversi ma ugualmente importanti: in un passo dell’Iliade
Ettore, prima di combattere con Achille contro il quale incontrerà la morte,
saluta la moglie che tiene tra le braccia il figlio piccolo. La reazione del
bimbo nel vedere il padre è di spavento dovuto alla pesante armatura indossata
dal padre, ma nel momento in cui si toglie l’elmo il figlio si getta tra le braccia
del padre riconoscendolo; quest’ultimo anziché stringerlo a sé, come normalmente
farebbe una madre, lo solleva e lo mostra alla folla esultante. In questo gesto
si racchiude il ruolo fondamentale del padre, ovvero portare, presentare il
figlio alla realtà, fargli conoscere il mondo.
Quindi nel
momento in cui il bimbo comincia a “riconoscere”il padre (9mesi/1anno), ha due
oggetti di identificazione, e da qui si dipanano rispettivamente per maschio e
femmina il “complesso di Edipo” ed il “complesso di Elettra”, secondo cui si ha
come oggetto di identificazione il genitore dello stesso sesso, e come oggetto
d’amore il genitore di sesso opposto. Per questa ragione si sostiene che le femmine
maturano prima, e ciò perché essendo solo la madre l’oggetto identificativo per
il primo anno, le femmine hanno alle salle con quest’ultima una relazione
identificativa più lunga rispetto ai maschietti.
Le cose si
complicano con l’arrivo eventuale di fratelli circa entro i primi tre anni di
vita del bambino, infatti quest’ultimo che sta vivendo una fase identificativa
fondamentale, si trova a doversi confrontare con un nuovo arrivato. In alcuni
casi può verificarsi gelosia per il fratellino o regressione perché l’identificazione,
anziché avvenire con la mamma il papà, può
avvenire nei confronti del fratello stesso.
A questo
punto dell’esposizione il professor Pajno conclude il proprio discorso
lasciando spazio alle domande dei presenti.
Ho trovato
molto interessante la frase finale del professore che spiega che il significato
dell’ideogramma giapponese utilizzato per indicare il termine “bambino” vuol
dire fiume che scorre tra due rive,
dove a seconda della vicinanza o lontananza tra le sponde il fiume assume un’andatura
veloce e impetuosa, lenta, o straripante…
Commenti
Posta un commento