Recensione Film "TUTTO PARLA DI TE"

TUTTO PARLA DI TE di Alina Marazzi
Al cinema K2 di Verona, lo scorso 4 giugno è stato proiettato il film “tutto parla di te”. L’evento è stato proposto dall’associazione Melograno di Verona che da trent’anni si occupa di accompagnare le mamme nel percorso della maternità.
Ha introdotto l’evento Tiziana Valpiana, presidentessa onoraria di Melograno, che ha sottolineato come le donne che al giorno d’oggi danno alla luce un bambino, lo fanno in un clima più difficile rispetto ad alcuni anni fa: è cambiata la società, ed è cambiata anche l’età in cui generalmente una donna concepisce un figlio. Questo film richiama la responsabilità di ognuno di noi a non abbandonare una donna non solo prima ma soprattutto dopo il parto, perché quando nasce un bambino nasce anche una mamma, per questo quest’ultima dev’essere aiutata e sostenuta, perché, conclude la dottoressa Valpiana, “una donna non può curare un bambino se a sua volta non viene curata”.
Successivamente la parola passa al professor Scandola, docente di cinema all’Università degli Studi di Verona, che sottolinea i vari aspetti tecnico-cinematografici del film, soffermandosi in particolar modo sulla “libertà dello sguardo” dei personaggi che spesso guardano fuori campo e lo spettatore non capisce cosa stiano guardando. Nel film sono inoltre presenti interviste fatte a donne “vere” ovvero donne che non sono attrici, ma gestanti che hanno espresso le loro reali riflessioni ed emozioni.
Una volta cominciato il film mi rendo conto che si tratta di un lavoro al limite tra documentario e storia raccontata, ci sono pause piuttosto lunghe, che danno spazio a momenti di riflessioni necessari per metabolizzare le espressioni, le frasi, le emozioni, gli sguardi che le donne del film vivono. Viene trattato il tema della depressione post partum, seguendo una storia in continuo contatto con il passato che sempre si fa presente. Per chi volesse leggere la trama completa può consultare il sito: http://www.tuttoparladite.it/
Alcune frasi risultano particolarmente significative e capaci di descrivere la gravidanza con gli occhi di una madre in attesa, le scrivo di seguito, lasciando al lettore ogni commento…
-         Avere un figlio è come mollare gli ormeggi: non sai come può essere il mare e ti devi preparare a tutto;
-         Mi guardo allo specchio e vedo quello che vede lui;
-         Quando emerge qualcosa di diverso dall’amore nei confronti del proprio bambino, in quel momento crolli.
Dopo la conclusione del film, sono state condivise delle riflessioni, la prima a parlare è stata Tiziana Valpiana che ha messo in luce come il parto nel film sia stato considerato solo dal suo aspetto medicalizzato, non si vede per esempio nessuna mamma che allatta, l’allattamento infatti è una risorsa fondamentale contro la depressione post partum; ed emerge inoltre come sarebbe auspicabile la domiciliarità di un aiuto, una figura non giudicante in grado di aiutare le mamme durante il periodo successivo al parto.
Interviene successivamente Olivia Maraldo, docente di filosofia politica che si interessa in particolar modo di femminismo, che sottolinea come il film scelga il registro forte per parlare di depressione post parto.
Conclude poi la regista Alina Marazzi, regista di documentari televisivi a carattere sociale, che mette in luce il sentimento di inadeguatezza di queste mamme, la loro difficoltà ad accettare la loro “situazione” in una maternità non lineare ma frammentata, ad indicare la loro perdita di identità in una continua oscillazione di stati d’animo.





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